“Chirocene. Naviganti d’Appennino” – AA.VV.
“Naviganti d’Appennino nasce dalla necessità di raccontare un territorio immaginandone i futuri possibili, distaccandosi dalla sola narrazione storica o antropologica per sconfinare nella visione. Attraverso racconti finzionali, reportage narrativi, fumetti, illustrazioni e fotografia, s’intende delineare una nuova mappa del territorio, non più solo cartografica ma semmai psico-geografica, più legata cioè al sentimento di chi l’Appennino lo abita, lo ha abitato o lo ha transitato, affinché anche i nuovi che arriveranno possano trovare i punti cardinali attraverso i quali tracciare rotte inedite”.
CHIROCENE • Il primo numero di Naviganti d’Appennino è il risultato della prima edizione della “Sibillini Summer School” Hanno scritto, illustrato e fotografato : GIOVANNI BLANDINO / LORENZO BRACALENTE / LUCA CHIURCHIÙ / ALISIA CRUCIANI / EVA REBECCA CUCCHI / GIULIA CASSANDRA CIANCA / MARIA CRISTINA COMPARATO / MICHELE GENTILI / CATERINA PUCCI / OLGA PUCCITELLI / FEDERICO RITA / FRANCESCO SORANA / MARTINA TONELLO / ELENA VARANI
“Atti di un mancato addio” – Giorgio Ghiotti
I protagonisti di questa storia – Massi, Cecchi, Giulio, Trottola, Roberta e Mastino, ragazzi appena affacciati all’età adulta – crescono come fanno i lupi, oscillando tra l’istinto del branco e il bisogno di solitudine. Esistenze appena sbocciate fatte dei sogni puri e violenti della giovinezza. Finché Giulio, un giorno, scompare, e ognuno di loro sarà costretto a mettere in pausa la propria vita e, solo per un attimo abbacinante, provare a cercarlo, almeno nella memoria.
Un romanzo che è fitto dialogo tra luoghi geografici e interiori, tra l’impulso allo schianto e la paralisi che prende alle gambe, alle labbra, esplorando il tentativo di riconciliazione con la perdita: il tempo delle ricerche diviene un viaggio a ritroso, un’indagine attorno all’amato – al corpo assente dell’amato – che riporta alla luce fantasmi verissimi e paure antiche. Così, lo spazio dell’attesa si sfilaccia a poco a poco in immagini e sequenze, in ricordi sempre meno nitidi e per ciò salvifici.
Atti di un mancato addio è una storia fatta di giovinezza l’attimo prima che questa sfiorisca; di presenze comprese attraverso le mancanze; di sacrifici necessari perché qualcosa si compia e la vita accada.
“Taccuino industriale” – Mario Pomilio
«Le inchieste di Pomilio nel Sud (e in Sardegna) negli anni in cui tutto, dopo le novità del dopoguerra, torna- va a cambiare e si aprivano al paese prospettive invero nuove di democrazia e di sviluppo, nella continuità con i grandi cambiamenti post-resistenziali, sono una sorpresa, anche per un lettore avvertito e che ben conosce i testi centrali o secondari che hanno affrontato la “questione meridionale”. Sono una sorpresa tanto più gradita quanto più attenta partecipe onesta, e mossa sempre da un sentimento di vicinanza, di interna e forte partecipazione a quanto andava cambiando e soprattutto a quanto doveva cambiare: quanto si poteva peraltro già intuire e cogliere girando e investigando le spinte ambigue e contraddittorie di uno sviluppo che, secondo la discutibile distinzione pasoliniana di pochi anni dopo, non sempre erano di progresso».
—Goffredo Fofi
“Nome non ha” – Loredana Lipperini / Elisa Seitzinger
«Sette sono gli amici che servono le storie, perché sanno che consegnarle ad altri non significa solo mantenerle vive. Le storie vivono comunque: non ci sono abbastanza rovine e pietre e frane e ruderi e inghiottitoi per seppellirle, e sempre si apriranno fessure che ne condurranno la voce per il mondo. L’atto del consegnare, come avviene nel settimo giorno del settimo mese di un anno da non precisare, significa soprattutto trasformare chi ascolta, sapendo che a sua volta si farà servitore: perché le storie mettono radici invisibili e profonde, e i nostri pensieri, e dunque le nostre azioni, muteranno dopo averle incontrate. Lo sapremo solo nei sogni, dove si mostrano le fessure e i cunicoli che accolgono la parte più importante delle nostre vite.
“Una città per Proust” – Bruno Quaranta
Una sola volta, nella Recherche, è citata Torino. Quando il treno del Narratore, in arrivo da Venezia e diretto a Parigi, fa sosta alla stazione di Porta Nuova. Un istante – come scrive nella prefazione Mariolina Bertini – di cui “si è impadronito Bruno Quaranta”, facendone “una sorta di aleph borgesiano: il punto che racchiude un mondo intero, un mondo potenzialmente infinito. È il mondo degli echi, delle corrispondenze, delle analogie che intessono una fitta rete tra il Piemonte e la proustiana Ricerca”. A dispiegarsi è un “settimino” dove il viaggiatore in punta di madeleine si cala nella capitale subalpina. La città gli si socchiude a poco a poco, di liaison in liaison con la sua vita mentale. Tra luoghi e personaggi. I viali, i giardini, le ville, i critici della sua opera (in primis Giacomino Debenedetti), gli scrittori indigeni affini e no, le corrispondenze musicali… Torino “coi mille odori che vi sprigionano le virtù, la prudenza, le abitudini, tutta una vita segreta, invisibile, sovrabbondante e morale”.
*in occasione del centenario della morte di Marcel Proust