“Sognami ancora” – Grazia Livi

“Sognami ancora” – Grazia Livi

copertina del libro sognami ancora
Una preziosa antologia di otto dei migliori racconti di Grazia Livi che Anna Banti riteneva perfetti e Montale considerava un esempio della migliore prosa italiana. Uno stile pieno di nitore e misura, che predilige la sapienza artigianale di chi fa le cose per bene. Il riferimento è alla grande tradizione anglosassone, da Virginia Woolf a Katherine Mansfield, ma anche a grandi scrittrici italiane come Gianna Manzini e Dolores Prato. L’autrice si cimenta con l’argomento che da sempre le sta a cuore: le possibili relazioni che consentono alla parola di trovare una sponda. “Dunque, era venuta l’ora della scoperta: nulla esiste in sé, appagato di sé, tantomeno creazione, libertà, azzardo. Senza l’altra polarità non c’è slancio per il volo. O meglio: senza sponda.” Nel racconto Un complice descrive l’incontro con il pianista Arthur Rubinstein, avvenuto negli anni in cui era una brillante giornalista per riviste come EpocaParagone di Roberto Longhi, Mondo di Panunzio. Negli altri, più che la storia o la scena, bastano un particolare o un trasalimento per fare in modo che le parole entrino nell’intimità, iscrivendo una linea fluida. Grazia Livi è una delle grandi signore della letteratura italiana. Il suo contributo è stato essenziale non solo per la narrativa, ma anche per la saggistica. Testi fondativi come Le lettere del mio nome e Narrare è un destino hanno contribuito a definire criticamente la letteratura di genere, sempre necessaria, come dice la Woolf, “per avere dimora stabile nella mente”.
“L’otto ” – Lucia Tancredi

“L’otto ” – Lucia Tancredi

copertina del libro l'otto
Nell’anno rotondo del 1500 il pittore Lorenzo Lotto compiva vent’anni, lasciava la sua città, Venezia, per avventurarsi nelle città di provincia, procurandosi la fama di uomo scorbutico e artista misterioso. Il critico Bernard Berenson, il primo che gli dedicò un saggio nel 1895 e lo studiò ossessivamente per tutta la vita, indaga gli strani itinerari del pittore, soprattutto nella Marca, persuaso che la sua religiosità avventurata e le ricette alchemiche debbano condurlo ad una scelta condotta con coerenza fino all’oblazione a Loreto: la fede nelle immagini. In un’epoca sconvolta, come oggi, dalla furia iconoclasta dei fanatismi religiosi, dalla violenza della Storia e dalla cecità degli uomini, Lotto ci dice che ogni immagine, a imago dei, vuole esistere ed essere accettata per quello che è. La grazia è quando il vedere si compie nell’essere visto. Solo quando l’occhio ritrova questa innocenza, il mondo può continuare ad esistere.
“La vita privata di Giulia Schucht” – Lucia Tancredi

“La vita privata di Giulia Schucht” – Lucia Tancredi

copertina del libro la vita privata di giulia schucht
“ Antonio Gramsci conobbe Giulia a Serebriani Bor, che in russo significa Bosco d’Argento. Era questo un sanatorio alla periferia di Mosca. Antonio vi giunse nel 1922, in una primavera russa senza sole.” Si può rimanere indenni e fedeli a se stesse quando ci si innamora di qualcuno che è parte della Storia? Una giovane donna bellissima e aristocratica, che incanta con il suo violino, d’estate veste di bianco e d’inverno di verde, può credere nella politica senza rinnegare la vita privata? Sullo sfondo delle vicende storiche italiane e di una Russia ancora come oggi, direbbe la poetessa Anna Achmatova, “ghiotta di sangue fresco”, si svolge tra vero e verosimile il romanzo di Antonio e Giulia, vincitore nel 2013 del Premio Internazionale “Scrivere per amore. Città di Verona”. Loredana Lipperini, direttrice della giuria, ha scritto la motivazione: “La vita privata di Giulia Schucht è l’esempio di come si possa narrare la forza e la complessità del legame tra due persone senza cedere a concessioni facili e con linguaggio di pregio”.Per Walter Veltroni su Panorama: “Non cercate sguardi dal buco della serratura, ma ci sono il sangue e la carne della Storia. E non è poco.”Per Elisabetta Rasy sul Sole 24Ore: “ Giulia Schucht sembra appena uscita da una pièce di Cechov. ”
“Dunyazad ’’ – May Telmissany

“Dunyazad ’’ – May Telmissany

copertina libro dunazyad
Dove ricomincia una donna se sua figlia, attesa nove mesi, poi non nasce? Ricomincia dalla perdita e dalla solitudine, da una pena insopportabile. Il nome scelto per la bambina doveva essere Dunyazad, come la sorellina di Sherazade la tessitrice delle Mille e una Notte. Dunyazad ha passato una sola notte in ospedale.
E le altre mille? “Scrivo Dunyazad chiedendo aiuto alle lettere del suo nome”. È scrivendo e ritrovando la voce che una donna recupera se stessa e la voglia di rifare il mondo. Anche se tutto scorre come dentro un film, se la vecchia casa viene venduta, il lavoro abbandonato, se le amicizie si perdono, il cuore puntella quello che deve rimanere saldo: il figlio, un marito “con occhi dolci sonnacchiosi, zigomi scolpiti come le statue degli antichi dei, un bel corpo”, attento e consapevole, con cui ricreare il gioco dell’amore. Come nella migliore tradizione araba, è la storia raccontata che vince la cabala del destino e degli dei, riscattando la vita e affidandola al giorno, dopo il buio di ogni notte. “Ora ripresento i conti agli dei del tempo, che devono ancora venire”.  
“Côté Bach” – Lucia Tancredi

“Côté Bach” – Lucia Tancredi

Copertina Cotè Bach di Lucia Tancredi
Tutto ha inizio con un’illuminazione improvvisa: l’incontro tra il protagonista, critico musicale alle prese con una biografia di Bach, e Marie, la donna da lui abbandonata tempo prima, non moglie anche se madre dei suoi figli. Da qui, dalle reazioni incontrollate che avverte scatenarsi dentro di sé, incomincia un percorso di riconsiderazione della propria esistenza, delle proprie scelte, dei propri comportamenti. Incomincia ad inseguire il suo vecchio amore, che ora vede sotto nuovi aspetti. La storia si snoda in un parallelo con la vita di Bach, oggetto di studio del protagonista: una vita simile a quella dei santi, in cui tutto è avvenuto al momento giusto, che si pone in contrasto con lo sfaldamento della sua, fatta a pezzi dal proprio egoismo. Di qui, l’intenzione di “provare a fingere di vivere côté Bach. Vale a dire: dalla sua parte”. E sullo sfondo la musica di Bach, buona “come il pane”, che sottolinea i momenti chiave in cui il protagonista sistema i pezzi della sua vita e impara a riavvicinarsi agli aspetti minimi e quotidiani dell’esistenza.